‘800 a Cervinara
Siamo ormai alle soglie del 1800 quando Cervinara comprendeva quasi 5.000 anime. L’arrivo dei Francesi significò l’abolizione della feudalità, delle Università e la nascita del Municipio, con degli Eletti ed un sindaco alla guida dell’amministrazione. Non mancarono le liti presso la Commissione feudale tra ex feudatario, Comune e privati cittadini per il pagamento di tasse e diritti spesso finiti in disuso. Ritornati i Borboni, anche i cittadini di Cervinara si sentirono in dovere di partecipare ai moti del 1820-21 e a quelli del 1848, dando un valido contributo all’Unità d’Italia.
Un servizio alla giusta causa offerto anche dopo, per la cattura delle più tremende bande guidate dai briganti Cipriano La Gala, Andrea Masi e Tommaso Romano che per molti anni avevano saccheggiato e depredato l’intera Valle Caudina. Il paese era cresciuto, culturalmente e praticamente, divenendo capoluogo di Circondario della provincia di Avellino e arrivando a contare, a metà del 1800, oltre 7500 abitanti, fino a raggiungere numero 9.000 verso la fine del secolo scorso.
Che cosa abbiano fatto i Consiglieri Provinciali del Mandamento di Cervinara, del quale Cervinara faceva parte, che si sono succeduti dal 1861 al 1901, è difficile dirlo. Sappiamo però che anche Cervinara era tenuto in considerazione dall’avvocato Giovanni Finelli (1861-62), da Alessandro Campanile Cocozza (1862-67), dal cavalier Francesco Del Balzo (1867-71) e dal barone Girolamo Del Balzo (1871-1901).
Molte le mini industrie artigianali di fine ottocento, come quelle rappresentata da Salvatore Cioffi di Pasquale e da altri negozianti vari. Ma vediamo nei particolari gli abitanti di Cervinara che esercitavano arti e professioni. Negozianti di cereali erano Pietrantonio e Raffaele Cioffi fu Sigismondo, Onofrio Cioffi fu Lorenzo, Andrea Caporaso fu Saverio, Raffaele Cioffi fu Domenico, Isidoro e Giuseppe Cioffi di Onofrio, Michele De Dona fu Orazio, Marco De Dona fu Giovanni, Francesco Lanzillo fu Antonio, Antonio Lanzillo fu Francesco e Pasquale Pitaniello fu Carmine.
Facevano parte della categoria dei negozianti di stoffe Antonio e Giacomo Cincotti fu Giuseppe. Negozianti di vino (venduto anche nella cantina di Antonio Cantone fu Pietro) erano Raffaele Milanese fu Angelandrea e Saverio Marro fu Pietro; la neve, pigiata a ghiaccio nelle fosse montane, era invece una specialità di Pasquale Clemente fu Domenico che, dopo averla nascosta sotto le foglie per tutto l’inverno, aspettava i giorni più caldi per rivenderla ai caffè e alle gelaterie del napoletano, oltre che a quelle della Valle Caudina e alla caffetteria cervinarese di Felice Cincotti fu Giuseppe; il sensale autorizzato per situazioni varie era Giuseppe Cioffi fu Domenico.
Diversi i negozianti di legnami, come Filippo Ceccarelli fu Michele e Fortunato Ceccarelli fu Felice che, dopo aver disboscato le montagne lavoravano il legno in maniera artigianale; ricordiamo anche altri venditori come Pasquale Cioffi fu Gregorio, Luciano De Maria fu Felice, Pasquale Fierro fu Giuseppe, Francesco Iglio fu Angelo, Pasquale Miele fu Carmine, Giovanni Pagnozzi fu Antonio e Luigi Ricci fu Arcangelo.
Tanti volti, tante storie, tanti mestieri, come l’appaltatore di opere di fabbrica Antonio Bianco fu Stefano, il negozio di formaggi di Andrea Taddeo fu Domenico e l’industria agraria di Nicola Tangredi di Giuseppe. Altre aziende agricole erano quelle di Giovanni De Gregorio fu Vincenzo, Luigi Lengua fu Nicola, Luigi, Nicola e Pasquale Marchese fu Gennaro, Luigi Iacchetta fu Giuseppe, Orazio e Gennaro d’Onofrio fu Giovanni, Stefano Casale di Giuseppe, Raffaele Niro fu Domenico. Mugnaio del paese era Alessandro Cioffi fu Pasquale; Michele Schettini fu Domenico, il farmacista Donatino Pagnozzi fu Antonio.
Vi erano inoltre Antonio de Maria fu Felice col negozio di coloniali, Pasquale Iacchetta fu Nicola col negozio di spiriti, Francesco Mignuolo fu Pasquale, negoziante di frutti, e Giuseppe Pitaniello di Pasquale, col magazzino di cuoiami. Di Cervinara conosciamo i nomi degli esercenti l’arte salutare che, nel 1880, risultano essere medici cerusici originari del posto: Gaspare Cecere fu Francesco, Luigi Girardi fu Vincenzo, Clemente Mercaldo fu Francesco, Giambattista De Bellis fu Bernardo, Vincenzo Cecere fu Gaspare, quest’ultimo laureatosi presso la Real Università di Napoli, tra il 1830 e il 1877.
Vi erano poi i quattro farmacisti locali con la cedola: Scipione Madonna fu Domenico, Luigi Cecere fu Gaspare, Paolo Barionovi fu Pietro, Michele Schettini fu Domenico, e la levatrice, sempre col certificato, Anna Ragalzi fu Giambattista, che aveva acquisito cedola universitaria il 27 febbraio 1871.
A quei tempi, diciamo nella seconda metà del 1800, Cervinara, compresi i villaggi di Trescine, Salamoni, Mainolfi, Mizii, Scalamoni, Cioffi, Pie’ di Casale, Ferrari, Pantanari, San Paolino, Ioffredo, Castello, Valle e Pirozza contava 7147 abitanti.
Il paese era abbastanza grande e commerciava in vini, mele, pere, ortaggi, canape e pioppi, lungo la provinciale Irpina e la San Martino Valle Caudina propriamente detta, oltre che durante il mercato settimanale del mercoledi. Siamo venuti a conoscenza che, nel gennaio del 1873, la pretura era retta da Teodoro Del Grosso e dal vice Gennaro Baccalone e che cancelliere e vicecancelliere erano rispettivamente Filippo Martini e Francesco De Feo.
Alle liti ci pensava invece il giudice conciliatore Pasquale Simeone, assistito dal cancellerie Girolamo Piccolo. Notizie più approfondite ne abbiamo però solo sugli ultimi anni di fine secolo, a partire dal 1889, allorquando primo cittadino del paese, nonché presidente del Circolo dell’Indipendenza, era Giovanni Barionovi, coadiuvato da Errico Pepicelli nella qualità di segretario e da Luigi De Maria che faceva l’esattore. Gli assessori erano invece Alessandro Pagnozzi, Giacinto Barionovi, Girolamo De Nicolais e Pasquale Simeone.
Addirittura sei i parroci: Giuseppe Pisanelli della parrocchia di San Marciano, Pasquale De Dona della parrocchia di San Potito, Vincenzo Barionovi della parrocchia di Sant’Adiutore, Vincenzo Marro della parrocchia di San Gennaro, Angelo Ragucci della parrocchia di San Nicola e Giuseppe Clemente della parrocchia di Santa Maria alla Valle.
Giuseppe De Maria era il presidente della Congrega di Carità; ben diciotto, i componenti della famiglia clericale: Mariano, Pietro e Antonio Valente, Pasquale Cecere, Giuseppe De Maria, Michele Dorio, Andrea, Giuseppe, Pasquale e Luigi Bove, Francesco Barionovi, Francesco Bianco, Zaccheria Clemente, Francesco De Nicolais, Antonio Cioffi, Nicola Simenone, Raffaele e Vincenzo Cioffi. Pare che gli oltre 7.000 cervinaresi dell’epoca mandassero fra i banchi quasi 800 alunni, dislocati nelle 8 scuole elementari, sotto la guida degli insegnanti Nicola Simeone, Antonio Valente, Francesco Mainolfi, Francesco Bianco, Carmela ed Elisabetta Cavaccini, Blandina Cioffi e Teresa Iuliano. Erano i tempi in cui ai vecchi medici andò ad aggiungersi il chirurgo condottato Pietro De Nicolais e una nuova levatrice nella persona di Filomena Viggiano.
Nella schiera dei professionisti laureati figuravano – oltre gli ingegneri Saverio Rossi e Luigi De Nicolais, il medico chirurgo condottato Giuseppe Ferrannini e la levatrice condottata Coletta Palma – gli avvocati Francesco Cecere, Giovanni Bruno, Nicola Mendozza, Gennaro Boccalone e Angelo Maietta; i farmacisti Luigi Cecere, Giuseppe Boccalone, Scipione Madonna; gli altri medici-chirurghi Clemente Mercaldo, Luigi Girardi e Vincenzo Cecere. Giovanna Mignuolo e Antonio Iuliano erano gli albergatori del paese che offrivano un posto per pernottare. Gennaro Sorice, Giuseppe Crispino e Marco Marro si davano da fare con le armi, nella vendita e negli aggiusti. Francesco, Giuseppe e Domenico Cioffi, Girolamo Marro, Michele Villacci e Antonio Mauriello costruivano botti. Giuseppe Cioffi, Francesco, Giovanni e Ferdinando Pitaniello, Luigi Cappabianca e Francesco Fuccio facevano i barbieri.
Nei loro saloni, qualche volta, si presentavano a perdicchiare tempo i tanti artigiani, dopo un buon caffè gustato da Mariantonio Cincotti oppure nelle altre caffetterie, cioè da Raffaele De Notaris, Lucia De Girolamo e Felice Cincotti. Di fama, non solo locale, erano i proprietari di cave di pietra Giuseppe Visconti, Francesco Ricci, Nicola Visconti e Vincenzo Simeone; questi ultimi due, insieme a Domenico Simeone, andavano alla ricerca delle venature più estrose per lavorare la pietra e il marmo secondo antica tradizione.
Dicevamo degli artigiani. Possiamo ricordare i capimastri muratori (Antonio Bianco, Antuono, Gaspare e Giambattista Mercaldo, Angelantonio e Pasquale Gervasi), la schiera dei calzolai (Domenico D’Agostino, Domenico Cioffi, Arcangelo Moscatiello, Berardino Iuliano, Michele e Giuseppe Pitaniello, Alfonso e Orazio Miele), i cappellai (Raffaele Ippolito, Luigi Cappabianca e Francesco Ricci), i commercianti in genere di moda Emilia Candela, Concetta Brevetti, Mariantonia Mercaldo, Nicola Caniello, Luigi Cappabianca, Giacomo e Antonio Cincotti; del commissionario Girolamo Piccolo e i droghieri Pasquale e Luigi Cioffi. Non possiamo qui dimenticare i fabbricatori di stoffe e di tele Marianna De Simone e Carmela D’Onofrio, Filomena Valente e Maria Cioffi; di cera, come Pasquale Telaro, e quelli di mobili Angelantonio Marro, Giuseppe Fierro, Pasquale e Luigi Perrotta, e Domenico Cioffi. Vendevano mattoni e stoviglie Giovanni e Raffaele Niro; Matteo De Dona, Lorenzo Cioffi, Saverio e Andrea Caporaso erano negozianti in olii; da non dimenticare quelli di tessuti Antonio e Giacomo Cincotti, Nicola Caniello, Concetta Brevetti, Emilia Candela e quelli di legnami, Pasquale e Luigi Perrotta, Domenico Mercaldo e Girolamo Marro.
Due i fabbricanti di sedie, Agostino Miele e Pasquale Ricci, e uno quello di gassose, Antonio De Maria. Anche se quasi ogni famiglia allevava in casa il maiale o degli agnelli, vi erano comunque i beccai Antonio Iuliano, Pasquale, Giovanni e Raffaele Cappabianca, Andrea Iuliano e Francesco Fucci che “sfasciavano” la carne, oltre i mugnai Angelantonio e Pasquale Mastone, Alessandro Cioffi, Pasquale Moscatiello, Giovanni e Vincenzo Befi, i panettieri, Onofrio Cioffi, Raffaele De Dona, Giuseppe e Raffaele Cioffi, e i negozianti in grani e farine Pietrantonio Cioffi, Luigi Lanzilli e Giuseppe e Raffaele Cioffi; ai vini ci pensava invece Raffaele Milanese.
La frutta toccava a Pasquale Moscatiello e Pasquale Taddeo; e tre erano le fruttaiuole: Rosa Pitaniello, Angelamaria D’Agostino e Carmela D’Onofrio. Ancora i fabbri-ferrai Giovanni e Diodato Ricci, e Lorenzo, Pasquale e Gregorio Brevetti, al pari dei falegnami Raffaele Cincotti, Raffaele Mauriello, Antonio Cioffi, Carlo e Stefano Bianco, Antonio Mauriello e Giuseppe Villacci.
E i sensali: Nicola e Giuseppe Cioffi, Giuseppe Esposito, Luigi Celentano, Ferdinando Villacci, Giuseppe Simeone, Pietro Stellato, Carminantonio Finelli e Antonio Lanzilli.
E che dire degli orologiai Giuseppe e Francesco Cioffi, del pittore di stanze Nicola Esposito, dei fuochisti pirotecnici Carmine Leone e Francesco Starace; dei sarti Luigi Ricci, Giuseppe Russo, Carlo e Francesco Ricci e Vincenzo Vassallo; gli speziali manuali Giuseppe Tagliaferri e Antonio De Maria. Vi erano poi i venditori di generi diveri Giacomo e Antonio Cincotti; quelli di cuoiami Lorenzo Cioffi e Vincenzo Pitaliello. Nomi e cognomi che ricorrono tutt’oggi.
Un fiaschetto di vino lo si poteva trovare nelle trattorie, da Clemente Taddeo e Giovanni Mignuolo, o dai bettolieri, Fortunato Cappabianca, Giovanni Telaro, Luigi, Gabriele e Clemente Taddeo, accompagnato o meno da un nostrano piatto caldo.
Per chiudere poi il pranzetto, più o meno leggero, bastava un buon sigaro da comprare in uno dei vari tabacchini. Giuseppe Cioffi, donna Carmela Vele, Nicola Moscatiello, Giuseppe Ricci, Giovannantonio D’Onofrio o Francesco Ruggiero conoscevano bene “tabacchi” e “pacchetti”.